il Secolo breve

i 10 giorni che avrebbero potuto sconvolgere il mondo

1917-2017

centenario della rivoluzione russa

il secolo breve (1917/89)

Cento anni sono passati da quando Lenin assunse il potere in quella che la Storia ricorda come la Rivoluzione Russa. Cento anni durante i quali l’umanità ha conosciuto inenarrabili vergogne, indicibili tragedie, deportazioni, olocausti e ben due guerre mondiali. Un secolo complicato che Cechov, già nei primi anni del ‘900, ebbe a profetizzarlo quale secolo “nervoso”. Un secolo che, per lo storico britannico Hobsbawn, è stato fortemente caratterizzato dalle ideologie, da quella comunista in particolare, tanto da elaborare l’idea secondo la quale il ‘900 (XX secolo) sarebbe da definirsi “secolo breve”, abbracciando solo i 72 anni corrispondenti alla parabola comunista che appunto va dalla rivoluzione russa (1917) al crollo del muro di Berlino (1989).

Fu vera gloria?

C0ndivisibile o meno che sia il pensiero dello storico inglese e di là di quelle che possono essere le personali convinzioni politiche, la rivoluzione russa e il comunismo hanno rappresentato un momento storico di cesura con l’ordinario svolgersi della storia dell’umanità. L’idea infatti di porre in discussione le basi stesse sulle quali è costruito l’intero assetto della società, ribaltandone i principi alla ricerca di un altro mondo possibile (abolizione della proprietà privata quale strumento per il superamento dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo), ha affascinato milioni di persone spingendole a combattere per essa in aperta e anche violenta contrapposizione con altrettanti milioni di persone che, al contrario, a tale ideologia si sono opposti. Un pensiero politico che, quindi, ha condizionato la vita di ciascuno spingendolo a misurarsi con la propria avversione o indifferenza o simpatia o adesione che il comunismo poteva ispirargli. Ma a cent’anni di distanza dalla rivoluzione russa è lecito chiedersi che cosa rimane di tale evento e dell’ideologia che appunto la ispirò.

Quale eredità

Nulla è rimasto, verrebbe da dire osservando semplicemente il nostro quotidiano, il modo di vivere l’oggi e di concepire se stessi e il mondo. Tutto sembra essere stato scritto sull’acqua e, in tal modo, totalmente cancellato, annichilito nel nulla a dare il segno di un totale fallimento. A poco serve affermare che Marx aveva preconizzato il comunismo in paesi occidentali evoluti, quali l’Inghilterra o la Germania, e non in Russia; che se a succedere a Lenin fosse stato Trotskij o altri e non Stalin, forse le cose sarebbero andate diversamente. Ragionamenti che lasciano il tempo che trovano. La Storia è andata come doveva andare e la Storia non fa inganni. I regimi che in Russia e in molti altri Paesi del mondo si vennero a creare, più o meno ispirati all’idealità comunista, si sono rivelati essere non quei paradisi in terra che avrebbero potuto essere, ma brutali tirannie che soppressero ogni libertà. Il sogno, quindi, si è rivelato essere un incubo dal quale presto svegliarsi, degradando anche il suo più vago ricordo in oblio nell’indifferenza pressoché totale dell’essere stato o meno immaginario o parte integrante della realtà. Nulla rimane e quindi nulla è stato, ci suggerisce il presente. È davvero così? Alla Storia l’ardua sentenza

Lo spettacolo

Lo spettacolo non vuole essere, quindi, la ri-proposizione del sogno o incubo che fosse, né la ri-lettura de “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” del giornalista e attivista politico, John Reed, testimone oculare di quei fatidici giorni della rivoluzione russa. Ma è una drammaturgia che si svolge in un contesto moderno, attuale (la New York del XXI secolo), per cercare, appunto, di capire cosa in effetti oggi rimane di quella esperienza, di quella dibattuta utopia. Guardandosi intorno, a parte alcune, pur sempre significative, nostalgie o riletture dell’epoca, sembrerebbe in effetti non essere rimasto molto del comunismo, come se quello che è stato o ha rappresentato, il suo essere stato “secolo breve” non abbia in effetti lasciato nulla dietro di sé: cancellato dai nostri giorni, annichilito nel passato, rigettato nella “spazzatura della storia”. Il senso, quindi, sarebbe proprio quello di una sconfitta completa di cui rimane solo il segno di un totale fallimento che, a dirla alla Giorgio Gaber in “qualcuno era comunista”, ha rattrappito le ali della colomba fino a renderla, non solo incapace al volo, ma perfino priva della stessa idea di volo.

I protagonisti

Impossibile prescindere da John Reed, colui che, occhi occidentali su una Russia che, implodendo, esplodeva e, esplodendo, implodeva, fu diretto testimone dei giorni della rivoluzione russa. Ma protagonista è anche Rosa Luxemburg, l’attivista politica, una degli artefici del tentativo fallito di realizzare
una rivoluzione comunista nella Germania del 1919. Loro due sono i personaggi in un ipotetico quanto impossibile incontro tra personalità dell’epoca. Ma, contrariamente a ogni dinamica, i due eroi non si muovono nel proprio contesto storico (Mosca del 1917 e Berlino del 1919) ma nella New York di oggi, del XXI secolo, nella capitale del mondo moderno, ridondante simbolo del trionfo del capitalismo sul comunismo. E, nell’ottica di indagare cosa appunto rimane di quella esperienza, di quei rilevanti fatti storici, parafrasando Trostky, la sua previsione (“finiranno tra i rifiuti nella spazzatura della Storia”), in una, se si vuole discutibile, operazione di legge del contrappasso, John Reed e Rosa Luxemburg, qui proposti, non possono che essere due emarginati, due barboni
che vivono, sbandati, proprio tra i rifiuti della società moderna e quindi della Storia. Loro, fantasmi (allegoria de “Il Manifesto del Partito Comunista” di Marx ed Engels) che sempre più scompaiono dalla scena del nostro odierno quotidiano, come se, nonostante tutto, davvero non fossero mai esistiti. Protagonista dello spettacolo è anche il cinismo, lo scetticismo e il pragmatismo di un Sergente di polizia che, appunto nella New York di oggi, si trova davanti John Reed, un barbone, uscito da chissà dove, che cerca di recuperare la propria dignità, la propria storia, rivendica l’esperienza maturata, portandosi, pur sempre dietro, il segno di un passato che sembra essere stato scritto sull’acqua. Cinismo e idealità contrapposte in una lotta tra ciò che avrebbe potuto essere e non fu e il ciò che è, senza troppi sofismi, l’oggi. Nel mentre, sullo sfondo, sono riproposte immagini d’epoca, storicamente rilevanti che vanno dalla rivoluzione russa fino appunto al crollo del muro di Berlino: “il secolo breve”, appunto.

chi

Eric John Ernest Hobsbawm (Alessandria d’Egitto, 9 giugno 1917Londra, 1º ottobre 2012) è stato uno storico e scrittore britannico. Nato in una famiglia ebraica di origini austriache, studioso di formazione marxista, Hobsbawm ha dedicato molte delle proprie ricerche alla classe operaia inglese e al proletariato internazionale. Da sempre alieno a posizioni dogmatiche, è stato il creatore di alcune definizioni storiche diventate punto di riferimento per la storiografia, come Il Secolo breve e il Lungo XIX secolo, entrambi teorizzati in suoi scritti. Wikipedia.

John Reed (Portland, 22 ottobre 1887Mosca, 17 ottobre 1920) è
stato un giornalista e militante comunista statunitense. Definito da Trotsky “un uomo che sapeva vedere e ascoltare”, è conosciuto in particolare per la sua narrazione dei giorni della Rivoluzione d’Ottobre, nel libro I dieci giorni che sconvolsero il mondo. Muore di tifo a Mosca, il 17 ottobre 1920, all’età di 33 anni. Viene sepolto con tutti gli onori sotto le mura del Cremlino. Wikipedia.

Rosa Luxemburg, all’anagrafe russa, (Rozalija Ljuksenburg), in
polacco, Róża Luksemburg (Zamość, 5 marzo 1871Berlino, 15 gennaio 1919), è stata una politica, filosofa e rivoluzionaria polacca naturalizzata tedesca, teorica del socialismo rivoluzionario marxista. Wikipedia.

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